La farina è il prodotto ottenuto dalla macinazione di cereali o di altri prodotti. La Semola è una farina di granulometria maggiore dove i singoli componenti sono di forma arrotondata e con presenza di poca polvere. es.: zucchero semolato, o semola di grano duro.

la farina della pizza

Nell'uso comune, il termine farina serve ad indicare quella di grano e in particolar modo quella di grano tenero, mentre si usa la parola semola per la farina di grano duro. Per il loro ruolo nella fabbricazione di pane e pasta, queste sono infatti le più diffuse nel mondo, tutelate dalle leggi dei diversi paesi. La legge italiana ne stabilisce chiaramente caratteristiche ed eventuali denominazioni con il Decreto del Presidente della Repubblica n.187 del 9 febbraio 2001.

Esistono anche farine di mais, di orzo, di farro, di riso, di avena, di segale, di kamut ecc. oppure di legumi, frutta a guscio, di castagne, di ceci, tuberi e perfino di alcune specie di acacia australiane.

Farina di grano tenero

Dalla macinazione del grano tenero si ottiene una resa in farina che oscilla tra il 70 e l'82%; il rimanente 18-30% è costituito da cruschello, farinaccio, granito, e crusca per uso zootecnico. La percentuale di farina estratta dal chicco dipende, oltre che dal tipo di grano, anche dai parametri chimico fisici impostati durante la macinazione. I molini moderni sono ormai automatizzati le aziende Leaders del settore sono OCRIM (Italia) e Buhler (Svizzera).

Il processo di macinazione del grano tenero inizia con la bagnatura del grano, che se ha un valore W (la cosiddetta "forza della farina", si veda il resto della voce) uguale o minore di 300 consiste nel portare l'umidità del chicco a 15,5% per 24 ore, mentre se il W ha valore maggiore a 300 a 16,5% per un massimo di 48 ore. Successivamente il frumento viene indirizzato nei molini che iniziano a spogliare il chicco della parte esterna, che mediante sistemi pneumatici viene depositata in appositi silos. Il risultato finale sarà una farina con caratteristiche fisiche conformi alla lavorazione attesa. I prodotti di scarto come il cruschello, la crusca e il farinaccio possono essere usati per scopi zootecnici se non trattati secondo i termini di legge, altrimenti per scopo umano.

Le farine derivate da basse estrazioni (abburattamento del 70-75%) provengono principalmente dalla parte centrale del chicco e si contraddistinguono ad occhio nudo per la loro purezza e candore; sono denominate in Italia farina tipo 00. Al contrario, una farina ad alto tasso di estrazione (circa 80%) sarà meno chiara in quanto contiene anche la farina proveniente dalla parte esterna del chicco (strato aleuronico); in relazione al contenuto in ceneri (minerali) possono essere denominate farina tipo 0tipo 1 o tipo 2. Quando la percentuale di estrazione giunge al 100% si ottiene la cosiddetta farina integrale, cioè uno sfarinato comprensivo anche di crusca.

  • La tabella seguente riassume le principali caratteristiche delle farine di grano tenero in commercio in Italia:
Denominazione del prodottoUmidità maxCeneri minCeneri maxProteine min
Farina di grano tenero tipo 00 14,50% 0,55% 9,00%
Farina di grano tenero tipo 0 14,50% 0,65% 11,00%
Farina di grano tenero tipo 1 14,50% 0,80% 12,00%
Farina di grano tenero tipo 2 14,50% 0,95% 12,00%
Farina integrale di grano tenero 14,50% 1,30% 1,70% 12,00%


Tecniche di analisi della Farina di Grano Tenero
Nota: tabella contenuta nel DPR 9 febbraio 2001, n. 187. Valori delle ceneri e proteine calcolati sul secco. Umidità consentita fino al 15,50% se indicato in etichetta. Proteine: azoto Kjeldahl * 5,7

Determinazione della forza della farina

La proprietà più importante della farina è la sua forza, cioè la capacità di resistire nell'arco del tempo alla lavorazione.la lavorazione della farina La forza della farina deriva dalla qualità del grano macinato per produrla, quindi dal suo contenuto proteico, in particolare di quello di gliadina e glutenina. Queste due proteine semplici poste a contatto con l'acqua formano un complesso proteico detto glutine che costituisce la struttura portante dell'impasto rappresentata come forza della farina. Si tratta di una sorta di reticolo all'interno della massa di farina e acqua che la rende compatta, elastica e capace di trattenere gli amidi ed eventualmente i gas della lievitazione che formano così le bolle caratteristiche della struttura spugnosa di pane ed altri prodotti lievitati.
In base alla quantità, ma anche alla qualità, del glutine contenuto in una data farina, l'impasto con l'acqua avrà più o meno resistenza, P, ed elasticità, L, e varierà anche il tempo necessario per la lievitazione.

Leader mondiale nella produzione di sistemi per determinare la Forza della farina è la Chopin col suo Alveografo. Tale macchina è in grado di determinare il fattore di panificabilità W, cioè l'area del tracciato finale che disegna l'Alveografo dato dalla resistenza P e dall'elasticità L. La tecnica consiste nell'impastare 250 gr di farina con acqua leggermente salata per otto minuti, ricavare da questo impasto cinque "pastine" rotonde. Queste riposeranno 20 minuti a 28 °C in un apposito scomparto dell'Alveografo, per poi venire poste su un sistema di insufflaggio di aria che ne testerà la resistenza. Le "pastine" si gonfieranno, in base al volume della sfera ricavato si avrà il P, L e il W della farina. Va da sé che più grande sarà la sfera più forza avrà la farina.

Un alto valore di W indica un alto contenuto di glutine; questo vuol dire che la farina assorbirà molta acqua e che l'impasto sarà resistente e tenace, e che lieviterà lentamente perché le maglie del reticolo di glutine saranno fitte e resistenti. Viceversa, un W basso indica una farina che ha bisogno di poca acqua e che lievita in fretta, ma che darà un impasto (e un pane) leggero e poco consistente.

Ecco un indice di massima:

  • Fino a W 170 (deboli): per biscotti, cialde e dolci friabili; anche per besciamella e per rapprendere salse. Assorbono circa il 50% del loro peso in acqua.
  • Da W 180 a W 260 (medie): pane francese, panini all'olio, pizza, pasta: assorbono dal 55% al 65% del loro peso in acqua.
  • Da W 280 a W 350 (forti): pane classico, pizza, pasta all'uovo, pasticceria a lunga lievitazione: babà, brioche. Assorbono dal 65% al 75% del loro peso in acqua.
  • Oltre i W 350 (farine speciali): in genere fatte con particolari tipi di grano, vengono usate per "rinforzare" farine più deboli, mescolandovele, oppure per prodotti particolari. Assorbono fino al 90% del loro peso in acqua.

Le farine in commercio al dettaglio hanno una forza variabile. Solitamente quella delle 0 e 00 generiche si aggira sulil grano per fare la farina W 150, quella delle 00 specifiche per prodotti non lievitati (creme, torte a lievitazione chimica come il plum cake, biscotti, crostate) dal W 80 al W 150, quella delle 00 e 0 specifiche per pizza dal W 200 al W 280, quella delle 00 specifiche per dolci lievitati (farine 00 rinforzate che producono pochissime aziende, ideali per babà, savarin etc.) intorno al W 300, quella delle farine vendute come manitoba (quasi tutte 0) dal W 260 al W 420.

Farina di grano duro

La farina proveniente dal grano duro viene denominata semola. Tradizionalmente era prodotta prevalentemente nelle regioni del sud Italia, ma adesso la sua produzione ha una distribuzione nazionale. Essa si distingue da quella di grano tenero sia per la granulometria più accentuata che per il suo caratteristico colore giallo ambrato, colore che si ripercuote anche sui prodotti con essa ottenuti. Questa farina si utilizza prevalentemente per la produzione di pane e pasta (sia casereccio che industriale) ma anche per dolci tipici. Macinando ulteriormente la semola si ottiene la "semola rimacinata" o "rimacinato". Questo prodotto è contraddistinto dal caratteristico colore giallo ambrato proprio della semola ma con una glanulometria meno accentuata rispetto alla materia d'origine. Il rimacinato viene prevalentemente impiegato per la panificazione puro o mescolato con farine di grano tenero, il prodotto che si ottiene è un pane a pasta gialla molto saporito e a lunga conservazione.

  • La tabella seguente riassume le principali caratteristiche delle farine di grano duro in commercio in Italia:
Denominazione del prodottoUmidità maxCeneri minCeneri maxProteine min
Semola * 14,50% 0,90% 10,50%
Semolato 14,50% 0,90% 1,35% 11,50%
Semola integrale di grano duro 14,50% 1,40% 1,80% 11,50%
Farina di grano duro 14,50% 1,36% 1,70% 11,50%

Produzione industrialeNota: tabella contenuta nel DPR 9 febbraio 2001, n. 187. Valori delle ceneri e proteine calcolati sul secco. Umidità consentita fino al 15,50% se indicato in etichetta.
È tollerata la presenza di farina di grano tenero in misura non superiore al 3%. * Prova di setacciatura: passaggio allo staccio con maglie di 0,180 mm: massimo 25%.

L'industria che provvede alla macinazione del frumento si chiama molitoria. I moderni mulini sono organizzati in tre sezioni distinte: nei sili vengono conservate le scorte di frumento, che devono essere periodicamente ventilate per evitare il formarsi di muffe; nella sala di macinazione ci sono le macine che trasformano il frumento in farina; nel magazzino vengono conservati i sacchi di farina in attesa della spedizione.

Nella sala di macinazione molte macchine sono disposte in file parallele, perché ognuna riceve il "macinato" dalla il grano macinatomacchina precedente. La prima operazione è quella di rottura. Il frumento proveniente dal silo entra nella prima macchina, dove viene "rotto" da due cilindri d'acciaio solcati da righe, che ruotano in senso contrario. Il macinato cade su un setaccio oscillante che trattiene i frammenti più grossi (crusca) e fa passare quelli più piccoli, costituiti da farina grossolana mescolata a crusca: questa operazione si chiama abburattamento (cioè setacciatura). Poi il procedimento si ripete nelle altre macchine, dove i cilindri sono sempre più ravvicinati e i setacci più fitti. La lavorazione si conclude con l'operazione di rimacina. Il prodotto delle operazioni precedenti è avviato alla "rimacina", cioè alle macchine con rulli perfettamente cilindrici e molto ravvicinati: si ottiene così la farina grossolana (tipo 2), fine (tipo 1), molto fine (tipo 0) e finissima (tipo 00).

Altre farine

  • Farina di mais: è popolare negli U.S.A. e in Messico. La farina di mais sbiancata con la soda caustica (idrossido di sodio) è chiamata masa harina (vedi masa) ed è usata per la preparazione di tortillas e tamales nella cucina messicana.la farina di mais macinata
  • Farina di segale: utilizzata per cucinare il tradizionale pane a lievitazione naturale di segale in Germania e in Scandinavia. In genere il pane di segale è preparato mescolando farina di segale e di frumento perché la segale ha un basso contenuto di glutine. Il pane di segale (Pumpernickel) è solitamente preparato solo con segale e contiene un misto di farina di segale e grano di segale.
  • Farina di riso: è di grande importanza nella cucina orientale. Da essa è possibile ottenere anche carta di riso commestibile. Principalmente la farina di riso è estratta dal riso bianco ed è essenzialmente amido puro, mentre è disponibile in commercio anche la farina ottenuta dall'intero chicco.
  • Farina di castagne: è popolare in Corsica, nella regione francese del Périgord e in Lunigiana. In Corsica è usata per preparare la tradizionale varietà di polenta. In Italia è principalmente usata per la preparazione di dolci tra cui il celebre castagnaccio. La polenta di farina di castagne si fa anche in Toscana, come ad esempio sulla montagna Pistoiese, dove nei secoli scorsi gli abitanti vivevano praticamente di questa. Nel pistoiese, oltre alla polenta e al castagnaccio si fanno anche le frittelle di farina di castagne, e i famosi "necci" (sorta di "crepes" di farina di castagne cotte fra 2 pietre rotonde riscaldate oppure di ferro: si possono mangiare da soli o insieme a formaggio pecorino, ricotta, prosciutto, ecc).
  • Farina di soia
  • Farina di grano saraceno: il grano saraceno non fa parte delle graminacea ma bensì alla famiglia delle poligonacea, dai suoi semi si ricava una farina utilizzata per la preparazione dei pizzoccheri, prodotto tipico della Valtellina, e della polenta taragna.
  • Farina di ceci: (chiamata anche gram flour o besan) è di grande importanza nella cucina indiana e nella cucina israeliana e araba per il hummus e il felafel, e in Italia, dove è utilizzata in Liguria per preparare la farinata e a Palermo per preparare le panelle.
  • Farina di Teff: è ricavata dal cereale teff, ed è di considerabile importanza nell'Africa orientale (particolarmente attorno al corno d'Africa). Da notare che è l'ingrediente principale nell'ingerà, un importante componente della cucina Etiope.
  • Farina Atta: è anch'essa un'importante farina nella cucina indiana, essendo utilizzata per parecchi tipi di pane come il roti e il Chapati.
  • Farina Tang: è un tipo di farina di grano utilizzata principalmente nella cucina cinese per preparare lo strato esterno degli gnocchi e del pane dolce.
  • Farina di riso glutinoso: è utilizzata nelle cucine Asiatiche orientali e sudorientali per preparare il tangyuan etc.
  • Farina di piselli: è una farina prodotta da piselli gialli arrostiti e polverizzati.
  • Farina di fagioli: è una farina ottenuta da fagioli essiccati e polverizzati.
  • Farina di patate o fecola di patate: è ottenuta riducendo le patate ad una poltiglia ed eliminando le fibre con lavaggio in acqua. Il prodotto essiccato è essenzialmente amido ma contiene anche qualche proteina.
  • Farina amaranto: è una farina ottenuta dal grano amaranto. Era usata nella cucina pre-colombiana e meso-americana. Sta diventando sempre più diffusa in negozi specializzati.

Le farine possono essere anche prodotte da grano saraceno, fagioli di soia, maranta arundinacea, taro, tifa, ghiande e altri alimenti non granulosi.

Farine speciali non destinate all'alimentazione umana

  • Le farine proteiche animali, costituite da scarti di macellazione tritati, liofilizzati e polverizzati vengono usate come mangime per allevamenti.
  • La farina fossile è una polvere non commestibile costituita da gusci di diatomee microscopiche: si usa come materiale filtrante in analisi chimiche o come abrasivo fine. Alfred Nobel la usò come base inerte nella sua dinamite.
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